Truppi suicidi nella forze di polizia





                                 

Mineo, appuntato dei carabinieri 

                  

si spara in auto con la pistola d’ordinanza-




Nella tarda mattinata di oggi a Mineo (Catania), sulla scorta di una segnalazione al 112,  i carabinieri della Compagnia, di Palagonia hanno rinvenuto, accasciato sul sedile della propria autovettura, il corpo senza vita di un carabiniere scelto, un 34enne celibe in forza alla locale Stazione, suicidatosi con un colpo esploso con la pistola d’ordinanza.Non si conosce, al momento, la causa del gesto. Sulla vicenda vige il massimo riserbo.

Sono stati ben 69 i suicidi tra gli uomini e le donne in divisa durante il 2019. Il 2020 è appena iniziato e già contiamo 4 vittime. Una situazione che potremmo definire un vero e proprio allarme e per la quale le varie amministrazioni, sembra non vogliano assumersi alcuna responsabilità. Perché non si parla dei suicidi tra le divise? Quali sono i veri problemi alla base di gesta così sconsiderate? Come mai a togliersi la vita sono i sottufficiali e la truppa? 

Si è concluso da qualche ora un sondaggio lanciato una settimana fa, dalla community social “Puntato – L’App degli operatori di Polizia”. Il sondaggio, facendo riferimento proprio ai suicidi tra gli operatori di Polizia, chiedeva cosa fosse meglio per militari e poliziotti, tra stipendio più alto e serenità lavorativa.
Al sondaggio hanno risposto in 2455: in 1931 (79%) hanno indicato serenità lavorativa, mentre i restanti 524 (21%) hanno indicato lo stipendio. Stando a quanto denunciano gli addetti ai lavori, è la serenità lavorativa a mancare, a poco servirebbero sportelli di ascolto che qualcuno, tra le persone che abbiamo ascoltato, definisce “un pulirsi la coscienza”.
Per i militari i problemi di fondo sono altri: «Bisogna puntare davvero sul benessere del personale. Puntare molto sulla famiglia, aspetto economico, trasferimenti e nel caso di mancato trasferimento fornire sostegno di ogni genere. .

Suicidi, quello che nessuno vi dice

«Se ci fosse qualcuno ad ascoltarti e aiutarti, tante morti si potrebbero evitare. «La serenità lavorativa è importante –  -. 


. In tanti denunciano lunghe attese per i trasferimenti, come una delle cause di stress e malessere. Spesso occorrono circa 20 anni per potersi avvicinare ai propri affetti e per questo motivo, molto frequenti sono le separazioni tra coniugi.
Ciliegina sulla torta, per quanto riguarda la mobilità nella Polizia di Stato, è stata la decisione del Capo della Polizia Franco Gabrielli di destinare il 30% di neo agenti appena usciti dalle scuole, in quelle province dove occorrono tantissimi anni in graduatoria per potervi giungere. Questo altro non fa che alimentare quel senso di impotenza e sconfitta che provano quanti, dopo anni e anni di servizio, non vedono realizzarsi i loro obiettivi di vita. 

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fondamentale per la prevenzione il ruolo dello psicologo-





Fenomeno che tocca picchi elevati tra i rappresentanti delle forze dell’ordine quando lo stress da lavoro si incrocia con problemi familiari o con la malattia del secolo, la depressione,

  Un fenomeno che inquieta e preoccupa perchè, se si va a vedere, non è la criminalità la prima causa di morte violenta tra le forze dell’ordine italiane

 Ãˆ proprio il suicidio. Dall’inizio del 2019 sono 44 gli appartenenti alle forze di polizia che si sono tolti la vita. E nella maggior parte dei casi (l’86,6%), con l’arma di ordinanza. Un morto a settimana,
stando ai dati raccolti a livello nazionale dall’associazione «Cerchio Blu» (si occupa di sostegno psicologico per le forze italiane), 

S.iaccarino.

Stress, Traumi, Tutele – workshop Busto Arsizio 

(VA)



                                        

Si è tenuto il 31 gennaio 2020 a Busto Arsizio (Varese) il seminario organizzato da SAP Varese in collaborazione con Cerchio Blu dal titolo “Stress, Traumi, Tutele: confronto su tre tematiche fondamentali che operatori delle forze dell’ordine e delle forze armate affrontano quotidianamente


Molto denso il programma dei relatori, rappresentanti dei diversi ambiti professionali:
  • Cristian Sternativo, sindacato autonomo di polizia
  • Alessandro Albani, consigliere comunale Busto Arsizio
  • Giorgio Fanelli, Maggiore Sa. psi Esercito Italiano
  • Federica Urso, psicologa e psicoterapeuta Cerchio Blu
  • Daniele Saraulli, Capitano psi Guardia di Finanza
  • Marina Abbruzzese, Capitano psi Arma dei Carabinieri
  • Giorgia Minotti, direttore tecnico psi Questura Milano
  • Anna Valle, assistente capo Polizia di Stato – SAP
  • Stefano Paoloni, segretario generale SAP
Il maggiore Fanelli dell’Esercito ha descritto il loro modello di organizzazione dei servizi di psicologia, un modello ben strutturato che sulla base di principi di psicologia militare e organizzativa va a coprire i vari livelli, dalla selezione al monitoraggio, al rinforzo del senso di appartenenza al corpo fino alla presa in carico per un percorso di cura, qualora la necessità degli operatori sia quella di un sostegno.
Ha parlato dell’importanza dei debriefing e della loro organizzazione, attività che non sono strumenti prettamente clinici, ma di valutazione dell’operato svolto.
Ha sottolineato come in questo ventennio di presenza dello psicologo all’interno dell’Esercito ci sia stato modo di ispirarsi a modelli internazionali, in particolare durante le missioni all’estero, che hanno permesso confronti con altre realtà e hanno consentito di strutturare un modello adatto all’Esercito italiano.
L’intervento di Federica Urso di Cerchio Blu Ã¨ stato in linea con quello degli altri relatori.
Molta importanza è stata data al benessere dell’operatore, aderente ai contenuti illustrati dalla dott.ssa Marina Abbruzzese dell’Arma dei Carabinieri, che ha raccontato del suo contributo per i colleghi e sottolineato l’importanza della prevenzione e della normalizzazione in caso di malessere.
La dott.ssa Giorgia Minotti della Polizia di Stato, in linea con la Abbruzzese, ha spiegato -tra l’altro- la sua attività a favore dei colleghi per smontare le false credenze in merito a conseguenze ed implicazioni per quanti si rivolgono al servizio di psicologia da parte dei colleghi, ricordando anche che lo psicologo non ha poteri medico legali per i quali può sospendere dal servizio un operatore in difficoltà. Ha anche sostenuto quanto importante possa essere modificare l’articolo 48 al riguardo.
Ha raccontato dell’impegno per introdurre interviste semi-strutturate per le audizioni protette in caso di abusi e reati simili sui minori, come strumento di tutela dell’operatore incaricato del caso, con l’obiettivo di trasferire una precisa conoscenza e competenza dei vari meccanismi: se sai esattamente cosa fare sei meno esposto al rischio di alterazione psico-fisiologica in caso di interventi delicati o ad alto carico emotivo.
Il dott. Daniele Saraulli della Guardia di Finanza, ricercatore universitario, ha utilizzato una metafora allegorica che paragonava il ruolo di un oncologo diventato poi ministro relativamente all’amplificazione delle possibilità di lavorare in modo adeguato in risposta ai bisogni della collettività. Ha così potuto sottolineare l’importanza della presenza di dirigenti o politici a queste giornate (figure quasi sempre assenti) perché le disposizioni di legge possano cambiare e rispondere più adeguatamente ai bisogni degli operatori.
Anna Valle del SAP ha illustrato la sua ricerca, condotta con un questionario somministrato in modo anonimo a più di 700 colleghi della Polizia di Stato intervistati sulla differenza che esiste dall’apprendere la notizia di suicidio di un collega e di uno sconosciuto: poco più della metà ha risposto di essere più colpita dalla morte per suicidio di un collega.
Ha poi portato la testimonianza diretta di un poliziotto che ha perso un collega proprio per suicidio.
La relatrice ha illustrato e distinto i segnali di allerta dalla fase in cui un operatore decide di suicidarsi per ribadire ancora una volta l’importanza di poter disporre di opportunità e strumenti utili a cogliere ed accogliere i segnali di allerta precoci.
fonte :cerchioblu