Caregiver - Sara Bonanno, come vivere con una persona non autosufficiente

CAREGIVER
Una delle prime cose che s'impara quando si vive con una persona non autosufficiente 


è quella di essergli vicino di notte perché, a volte, basta stringere una mano per tranquillizzare.
La non autosufficienza non ha un orario d'ufficio ed alcune condizioni di non autosufficienza le persone hanno necessità di un maggiore intervento assistenziale soprattutto notturno, perché la notte si acuiscono le condizioni fisiche e psicologiche...
La notte...con i suoi silenzi, con il grigio e il nero che ti circonda, con gli improvvisi allarmi dei macchinari che monitorano le funzioni vitali, con il dolore, le crisi, gli incubi, le ansie, la paura, le ossessioni...la notte è come un vortice che mulinella inghiottendo tutto e tu - madre, moglie, figlia, sorella - sei l'unico appiglio, l'unico punto fermo, l'unica mano a cui aggrapparsi per non essere inghiottiti.
Quindi “essere vicino” a portata di mano è la prima "tecnica" che s'impara per garantire una vigilanza notturna.

La modalità di sonno del famigliare caregiver diventa, per anni ed anni a...intermittenza.
C'è una prima fase di occhi chiusi e udito al massimo, una fase brevissima di sogno (in cui si sogna il proprio famigliare spesso in pericolo o che ti sta chiamando), seguita da un brusco risveglio accompagnato da ansia e necessità di accertarsi che quello stacco involontario della coscienza non abbia provocato dei danni.

Questo succede quando la persona non autosufficiente dorme.
Non sono per nulla rare, però, le nottate che si è costretti a passare totalmente svegli.
A quel punto il sonno diventa un nemico da sconfiggere...
Ci sono molte "tecniche" che aiutano a lottare contro questo nemico, come quella di bere tanto e NON andare in bagno, il disagio della vescica piena t'impedisce di scivolare nell'oblio.
Oppure muovere instancabilmente la mandibola (bruxismo, nevragia del trigemino, disturbi alimentari sono tra le patologie più diffuse dei caregiver familiari).

Adottare posizioni scomode come stare seduti a cavalcioni su una sedia per alleviare un po' il continuo mal di schiena ma non troppo, perché il dolore tiene svegli.
E poi tanti caffè, sigarette, bruscolini...
Il mio personale "record" sono 56 ore continuate così...
Cinquantasei ore, non “giorni”...perché la parola "giorno" evoca la continuità tra mattina, sera e notte ma quando non si dorme si diventa inconsapevoli proprio del susseguirsi della luce ed il sole... ti ferisce gli occhi.

La privazione del sonno è un metodo di tortura tra i più diffusi (https://it.wikipedia.org/wiki/Privazione_del_sonno…), perché il primo effetto che produce è quello di alterare la percezione deprivando la persona della sua volontà.

I ricordi si confondono, i significati delle parole vengono declinati in negativo e perfino il respiro subisce delle alterazioni al punto che la voce diventa più stridula e acuta.
Appare evidente come una persona deprivata del sonno diventa un pericolo per se stessa e gli altri.
Ebbene, per lo Stato Italiano questa CONDIZIONE può essere valutata come una "prestazione lavorativa" volontaria o a basso compenso da sfruttare al punto di negare TOTALMENTE la possibilità di erogare assistenza notturna.

Una legge sui Caregiver Familiari dovrebbe, per prima cosa, stanziare dei fondi appositi per GARANTIRE una sicura e dignitosa assistenza notturna alle persone non autosufficienti.

SARA BONANNO