STORIE DI BRAVA GENTE



L’UOMO-CARRELLO



Non passa un giorno che non lo veda per strada. E’ curvo sul suo carrello della spesa, che trascina, a volte con disinvoltura, a volte con sforzo. L’ho definito “l’uomo-carrello” perché sono anni, ormai, che consegna la spesa a domicilio per conto di un supermercato della zona.

Forse tempo addietro, quando era ancora ragazzo, avrà pensato di accettare quel lavoro solo per un breve periodo, come fanno tanti giovani, magari per pagarsi le spese personali, per le vacanze. Si sarà detto: <solo in attesa di un’occupazione migliore>.

Gli anni sono passati, quel ragazzo è un uomo ormai. Avrà circa trent’anni, una corporatura magra e una camminata scoordinata. Indossa sempre una tuta da ginnastica e scarpette da trekking logore. Purtroppo, a differenza degli sportivi, quelli che incontri ben bardati nel loro completino di Decathlon, “ l’uomo-carrello “ deve solo fare una gimkana tra il marciapiedi e la strada, con un peso che lo spinge in avanti, coinvolgendo tutti i muscoli in frenate intermittenti. Non è esercizio fisico, è fatica.

Quel viso… Dio mio! Ha sempre il viso tirato, triste; gli occhi sembrano uscire dalle orbite tale è la stanchezza. No,non l’ho mai visto sorridere. Forse un accenno se incontra qualche cliente. Quante consegne avrà fatto oggi? Gli avranno elargito una mancia decente? Qualche donnina si sarà lamentata per il ritardo o perché ha consegnato un prodotto per un altro? Ha famiglia? Sono tutte domande che mi frullano per la mente. Intanto quel giovane uomo non si è più svincolato da quel carrello maledetto. Quel macinino di metallo è diventato parte di sé, un’appendice scomoda, eppure una propaggine necessaria. Cigola per le vie del paese, proprio come le catene di una prigione.


Glielo leggi in faccia che se ne vorrebbe liberare, che vorrebbe camminare come tanti, a testa alta, col busto eretto, con le mani libere, sciolte. Non ci vuole un ragionamento profondo per capire che evidentemente è l’unico lavoro che gli è stato offerto. Ne ha bisogno. Forse ha perso ogni speranza di trovare qualcosa di meglio. Forse è stanco di cercare.

Sono passati dieci anni. Non l’ho mai visto da solo. Mai. ( Lina Sanniti)