Il colore dell'uguaglianza


“Enough is enough” (Quando è troppo è troppo), si legge sui cartelloni durante le proteste di questi giorni in America in seguito alla morte di George Floyd.

“Please, I can’t breah” (Per favore, non riesco a respirare) implorava il quarantaseienne nero negli ultimi istanti della sua vita al poliziotto bianco che lo stava privando del suo respiro, mentre si accaniva con il ginocchio contro il suo petto senza ritegno nè pietà.

In tempi di pandemia, l’America si confronta ancora una volta con un altro virus mai estirpato, il razzismo. Con molta probabilità, purtroppo, si riuscirà a trovare il modo di sconfiggere un nemico invisibile e minaccioso quale il Covid-19, ma sarà ancora complicato sdradicare dalla mente umana il fatto che il colore della pelle non porta ad alcuna differenza.

“Black lives matter” (Le vite nere contano), riportano gli striscioni tra i manifestanti per i diritti civili e ci si chiede come sia possibile che si debba ancora parlare di razzismo, di colore, di disuguaglianza, puntualizzando che essere neri conta come essere bianchi.

L’umanità, senza esclusioni, si è vista di fronte ad una situazione drammatica che ha colpito tutti e laddove ci si sarebbe aspettati una maggiore solidarietà e uguaglianza, ci si imbatte in un mondo che speravamo fosse più unito.

La Storia ancora una volta dovrebbe insegnarci quanto bene dobbiamo donarci l’un l’altro perché senza il nostro simile non possiamo considerarci umanità. Da qui l’impegno di ciascuno affinchè ciò non venga dimenticato.

Come diceva Martin Luther King: “Anche se sapessi che domani il mondo potesse andare in pezzi, sarei ancora qui a piantare il mio albero di mele. Dobbiamo imparare a vivere insieme”.  
FRANCESCA CARLUCCI
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