Alternanza scuola-lavoro: studenti o lavoratori?

(di Francesca Carlucci)

Si susseguono numerose le proteste per l'abolizione dell'alternanza scuola-lavoro da parte degli studenti di tutta Italia in nome di Lorenzo Parelli, morto a 18 anni il 21 gennaio scorso mentre era intento a completare l’allestimento di un macchinario nell'ultimo giorno di stage formativo gratuito trascorso in uno stabilimento di carpenteria metallica a Lauzacco, in provincia di Udine. 

I cortei che hanno avuto luogo finora, sia pacifici che con attimi di tensione, sono stati anche lo spunto per chiedere il ritorno a scuola e la fine della didattica a distanza. La DAD, utile all'inizio della pandemia, a lungo andare si è rivelata logorante psicologicamente per gli studenti di tutte le età visto il tempo non vissuto crescendo e maturando insieme, una situazione che ha anche accentuato le disuguaglianze di pari passo con le annose problematiche strutturali e di investimenti nella scuola. 

Dalle manifestazioni è emerso che gli studenti ritengono l'alternanza un metodo di formazione basato sul precariato dove la flessibilità sembra più una schiavitù, uno sfruttamento a basso costo in un mondo del lavoro, senza norme di sicurezza che si rispettino, dove accadono infortuni e si rischia anche di morire peggiorando l'alto numero di morti sul lavoro. 

L'alternanza scuola-lavoro è stata resa obbligatoria nel 2015 con la legge 107. Si tratta della riforma della Buona Scuola del Governo Renzi che prevede 400 ore di formazione dedicata al lavoro nell'ultimo triennio degli istituti tecnici e professionali e 200 ore in quello dei licei. A fine 2018, assumendo la denominazione di PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l'Orientamento), ha portato un dimezzamento del numero delle ore e delle risorse a disposizione mirando a far comprendere agli studenti il ramo lavorativo più adatto alle proprie attitudini rispetto all'iniziale intento di avvicinare, mettendo in pratica le conoscenze acquisite in classe, il mondo della scuola e quello del lavoro. 

Nonostante coloro che ne hanno apprezzato i benefici vedendola come una vantaggiosa opportunità, nel corso di questi anni l'alternanza scuola-lavoro ha lasciato insoddisfatti molti studenti che spesso hanno espresso il loro disappunto e che non andrebbe ignorato, dal momento che sono proprio loro a viverlo in prima persona e a saperlo giudicare. 

Alla luce di quanto accaduto a Lorenzo sarebbe auspicabile riflettere se sia questa la strada da continuare a percorrere ponendosi una serie di domande: si va a scuola o al lavoro? Si è studenti o lavoratori? Chi restituisce quelle ore di scuola che si passano lavorando? Si chiama ancora 'scuola' quel luogo che forma i suoi alunni all'esterno delle sue pareti? Non dovrebbe essere la scuola a insegnare un mestiere, formare un proprio alunno e, successivamente, il mondo del lavoro ad accoglierlo? 

E infine, uno studente morto al lavoro, se è uno studente, perché si trova al lavoro? 

C'è un tempo per ogni età e situazione, c'è il tempo per la scuola e il lavoro, c'è un tempo per tutto.