CAA: quando manca la comunicazione tradizionale

(di Antonella Carta tratto da www.giovannicupidi.net)


Comunicare è un’esigenza irrinunciabile per qualunque essere vivente. La mancanza di comunicazione può essere causa di un serio disagio emotivo

Il linguaggio verbale è lo strumento principe attraverso cui passano i messaggi tra gli esseri umani. Si parla in questi casi di comunicazione cooperativa, in cui gli interlocutori collaborano per comprendersi. 

Non è però scontato riuscire a comunicare verbalmente. Ci sono tipi di disabilità, ad esempio, che lo rendono impossibile. 

Quella non verbale può comunque diventare una forma di comunicazione efficace se opportunamente strutturata e ben veicolata. 

A tal fine sono state messe a punto da studiosi del settore delle tecniche che possono risultare efficaci. Molto dipende dal terapista che le mette in atto, come anche dal grado di disabilità del fruitore e dalla risposta individuale.

IL CONSIGLIO 

Quando si propongono auspicabili soluzioni in caso di difficoltà a comunicare, è importante presentare le alternative possibili, perché alcuni individui rispondono meglio a un tipo di intervento, altri a un altro – conferma la dottoressa Giulia Tizzoni dell’Associazione Nasininsù di Catania. 

Uno di questi è la CAA, Comunicazione Aumentativa Alternativa. Viene definita Alternativa perché è una modalità di comunicazione diversa da quella tradizionale orale; Aumentativa perché non sostituisce il linguaggio ma lo supporta e lo compensa. 

È necessario ricorrere alla CAA quando manca la comunicazione tradizionale, sia che si tratti di una mancanza temporanea (come ad esempio in caso di incidente o di ictus) sia che si tratti di mancanza permanente (ad esempio per un danno riportato alla nascita). In tutti i casi è importante che l’intervento sia precoce. 

La CAA interviene sul disabile ma anche sulle figure di riferimento che vivono con lui o che comunque gli ruotano intorno, e va organizzata non in astratto ma in base all’individuo e al suo ambiente. Il progetto elaborato dai terapisti dev’essere pertanto condiviso con la comunità parlante di riferimento (famiglia, scuola, lavoro ecc). 

Il progetto è sempre personalizzato e l’intervento dev’essere longitudinale, ossia venire costantemente aggiornato per seguire la crescita dell’individuo. Lo strumento adottato diventa la sua voce. 

A usufruirne sono soggetti eterogenei, a dispetto di alcuni pregiudizi relativi alle forme alternative di comunicazione.