Social e salute mentale: come tutelare gli adolescenti

Sono sempre più numerosi gli studi che riportano correlazioni tra abuso dei social e l’acuizione di problematiche psicologiche, fisiche, esistenziali, soprattutto in fase adolescenziale, ma cresce anche la consapevolezza che bisogna intervenire, anche sfruttando gli stessi strumenti digitali.

Prima Facebook con l’hate speech, il cyberbullismo e le fake news, poi Instagram con il body shaming, Twitter con il FOMO (Fear of Missing Out), Snapchat con la dismorfia da filtri, Whatsapp con l’ansia da disconnessione, YouTube con l’insonnia digitale e ora TikTok con i tic. 

L’abuso delle piattaforme social – come ogni eccesso – si sta rivelando sempre più dannoso per la salute mentale delle persone, soprattutto dei più giovani. 

La consapevolezza dei pericoli insiti in questo rapporto complesso sta portando alla crescente diffusione di app e videogame con obiettivi dichiaratamente terapeutici, spesso regolamentati da specifiche normative che consentono di definirli “terapie digitali”, come, per esempio, avviene negli Stati Uniti e in Germania. 

I social media garantiscono una connessione costante con i momenti più o meno importanti di amici e parenti, relazioni con individui di tutto il mondo, aggiornamenti su notizie, eventi, attività, prodotti, interessi, professioni, ma stanno altresì manifestando un lato oscuro crescente, preoccupante e raramente ben gestito, perché poco conosciuto e, di conseguenza, sottovalutato. 

Un'indagine su più di 84.000 soggetti del Regno Unito ha riportato che le ragazze 11-13enni e i ragazzi 14-15enni che hanno trascorso più tempo sui social media sono meno soddisfatti della propria vita. In quelle età, i ricercatori sospettano che possano esserci “finestre di vulnerabilità” che si aprono in momenti diversi per maschi e femmine, con queste ultime più sensibili al condizionamento dei social rispetto ai coetanei, effetto probabilmente dovuto ai più precoci processi di maturazione, ma non solo. 

Un report condotto in 34 Nazioni riporta che la crescita dell’uso degli smartphone e dei social media e l’aumento dell’isolamento indicano un calo della salute mentale collettiva, soprattutto nei giovani adulti di età compresa tra 18 e 24 anni. Una media tra le 7 e le 10 ore trascorse online lascia poco tempo all’impegno sociale di persona. 

Prima di Internet, si stima che, all’alba dei 18 anni, un individuo avrebbe già trascorso da 15.000 a 25.000 ore interagendo “dal vivo” con i coetanei e la famiglia, mentre oggi l’intervallo potrebbe essersi drammaticamente ridotto a 1.500-5.000 ore. 

L’interazione diretta, però, è cruciale per uno sviluppo sano, individuale e relazionale, anche perché ci insegna a leggere il linguaggio del corpo, comprendere le espressioni facciali, interpretare le risposte emotive e molto altro. 

Il calo della salute mentale, in particolare tra i giovani adulti di età compresa tra 18 e 24 anni, esacerba una tendenza che esisteva già prima della pandemia, ma che è iniziata dopo il 2010, insieme alla crescita dell’uso degli smartphone e dei social media. Prima del 2010, gli studi hanno dimostrato che i giovani adulti avevano livelli di benessere psicologico più alti ma, da allora, la tendenza si è invertita. I sintomi includono scarsa immagine di sé, bassa autostima e fiducia nel futuro, sentimenti di distacco dalla realtà, pensieri suicidi, paura, ansia, sentimenti di tristezza, angoscia e disperazione. 

Insomma, il legame tra l’uso dei social e il benessere mentale è sicuramente molto complesso e ancora da esplorare, soprattutto in una fase così delicata come quella adolescenziale in cui si manifestano importantissimi cambiamenti fisici, cognitivi, emotivi e relazionali, ma è piuttosto evidente che il problema esiste ed è imponente per diffusione e radicamento. 

In ogni caso, si sta comprendendo che non è solo l’uso dei social media ad avere un impatto negativo sul benessere, ma una minor soddisfazione verso la propria vita può portare a un maggiore utilizzo dei social, seppur non tutti i giovani sviluppino relazioni malsane con queste piattaforme. 

Un altro interessante contributo recente suggerisce che le persone che hanno più difficoltà a regolare l’uso dei social media nella quotidianità tendono a essere anche quelle che non hanno creato legami sicuri di fiducia con una figura di riferimento nelle prime fasi della vita, trovando in queste app un “parziale surrogato”, che evidentemente non può sostituire una relazione così profonda. In questi casi, ansia e solitudine percepite aumenterebbero l’uso dei social che, a sua volta, accrescerebbe ansia e solitudine, attivando uno spiacevole circolo vizioso. 

Inoltre, un’ulteriore ricerca condotta su oltre 300 studenti universitari che usano Facebook quotidianamente, conferma che le persone con una bassa autostima nelle relazioni sono più sensibili ai segni di rifiuto e abbandono, ricercando così forme eterogenee di approvazione e trovando nel numero di follower e di like una rapida rassicurazione, seppur illusoria. 

Le abitudini digitali di tutti noi possono trasformarsi progressivamente in vere e proprie (tecno)dipendenze fonte di stress e disagi di vari tipo. Per questo motivo, è importante ascoltare i potenziali campanelli d’allarme, possibilmente facendosi aiutare da un professionista della salute mentale preparato su queste nuove problematiche psicologiche. 

Secondo un articolo del Wall Street Journal sul funzionamento di TikTok sembrerebbe che le scariche di dopamina – il “neurotrasmettitore del piacere” che viene rilasciato quando si aspetta una ricompensa e che rafforza il desiderio di qualcosa di piacevole – legate all'incessante fruizione di brevi video che rientrano nelle preferenze personali, alla lunga, possano rendere difficile sia mantenere l’attenzione su contenuti più lunghi (es.: un film), sia dedicare concentrazione su compiti che lo richiedono (es.: ascoltare una lezione, leggere un libro, scrivere un tema, risolvere un problema matematico). 

Come sappiamo, l’ambiente di TikTok non richiede un’attenzione prolungata. Le incessanti abbuffate di video personalizzati da 15 secondi portano i ragazzini a cambi repentini dai ritmi incalzanti. Questa modalità non abitua i loro cervelli ad attività non digitali, in cui le cose non si muovono così velocemente.  

In genere, bambini e adolescenti hanno più difficoltà perché la corteccia prefrontale non è completamente sviluppata fino ai 25 anni. Più la corteccia prefrontale è matura, più migliora il controllo degli impulsi, l’attenzione diretta, la capacità di inibire le distrazioni, i processi decisionali e la pianificazione delle priorità. 

Stiamo vivendo il paradosso di una connessione costante che ci fa sentire sempre più disconnessi dai rapporti che ci sostengono e ci mantengono sani, a favore di legami più fragili ed effimeri. Si tratta di una condizione in cui il nostro bisogno di formare forti relazioni sociali è stato dirottato verso una sovrastimolazione dei meccanismi neurochimici della ricompensa, che sta snaturando l’attenzione, la memoria, l’elaborazione delle informazioni, le emozioni e il modo di comunicare e relazionarsi. 

In una situazione così compromessa, è comunque consigliabile per le figure di riferimento (es.: genitori, insegnanti, professionisti sanitari) non imporre l’azzeramento dell’accesso ai dispositivi digitali, ma sicuramente di ridurlo e compensarlo con attività emotivamente e cognitivamente rilevanti quali il gioco libero, l’esercizio fisico, lo sport, le gite in famiglia, che, oltre a essere auspicabili per un maggior benessere e una miglior socialità, permettono al cervello di focalizzarsi e sviluppare l’attenzione. 

Inoltre, ci si può esercitare a stoppare periodicamente la fruizione dei social, così da rafforzare le capacità cerebrali che permettono di abituarsi a pause digitali, magari programmando momenti quotidiani in cui non si usa la tecnologia, come ad esempio a tavola e negli spazi famigliari, fissando dei limiti di tempo alle sessioni sullo schermo e sfruttando le nuove funzionalità di stand-by messe a disposizione sia dalle piattaforme social, sia dai sistemi operativi degli smartphone. 

C’è un altro importante fattore essenziale per favorire la concentrazione e l’attenzione, ovvero un sonno salutare, spesso alterato dai dispositivi, che dovrebbero essere tenuti fuori dalla camera da letto e spenti durante la notte.


Fonte: agendadigitale.eu