Storie vere: il teatro civile di Sara Bevilacqua

(di e foto Francesca Carlucci)

Sara Bevilacqua, in tailleur Chanel bianco e nero classico, a riquadri, ringrazia il pubblico commosso che non smette di applaudire. 

Così termina "La stanza di Agnese", monologo in cui l'attrice interpreta Agnese Piraino Leto, vedova di Paolo Borsellino, nella scenografia costruita dalla compagnia brindisina Meridiani Perduti con la drammaturgia di Osvaldo Capraro

Il tutto pervaso da una malinconia struggente e una intensità ammirevole retta magistralmente da Sara Bevilacqua, unica protagonista sulla scena che,  con la sua bravura e il suo talento, coinvolge il pubblico che applaude commosso.

Davanti a un divanetto vicino al telefono, con decine di scarpe in scena che riportano alle tante vittime di Cosa Nostra - elencate a intervalli da una voce fuori campo e accompagnate da un suono terrificante - Agnese racconta se stessa e dialoga con Paolo tra scene di vita familiare e ricordi d'amore che evidenziano anche l'anima giocosa del marito, la vita sotto scorta del magistrato e della famiglia, l'isolamento, l’adolescenza rubata ai figli Lucia, Manfredi e Fiammetta, il senso dello Stato e l'indignazione per le sue ombre, la consapevolezza che il tempo che gli restava da vivere era troppo poco per essere sprecato, il maxiprocesso, l'amicizia con Giovanni Falcone e il dolore per la sua perdita.

Con “La stanza di Agnese” non è la prima volta che affronti una tematica di cittadinanza attiva. Anche nel monologo teatrale "Stoc ddò - Io sto qua" - sempre scritto da Osvaldo Capraro - si parla di legalità. È un teatro che con semplicità diventa memoria di verità e giustizia e per questo va diritto al cuore.

Meridiani Perduti esiste dal 2009 e si occupa di teatro civile. Prima abbiamo collaborato con uno scrittore bravissimo, il drammaturgo Emiliano Poddi che ha scritto una trilogia, “Revolution”, che è l’ultimo spettacolo. Qualche anno fa abbiamo incontrato Osvaldo Capraro, scrittore e persona sensibile. Io ho conosciuto Osvaldo quando avevo 14 anni perché era un formatore; grazie a lui, giovanissima ho incontrato don Tonino Bello e Alex Zanotelli. È stato uno di quegli incontri che ti segnano. Poi ci siamo persi di vista perché lui ha cambiato città e ci siamo rivisti nel 2005 quando ha scritto il suo primo libro “Né padri, né figli”. Ci siamo ripersi di nuovo e rivisti a ExFadda - un laboratorio urbano a San Vito dei Normanni vicino Brindisi - mentre io e Daniele Guarini - che è l’altra anima di Meridiani Perduti che si occupa dell’organizzazione ed è compagno di vita e di avventura - stavamo organizzando una rassegna nella quale avevamo ospitato Marco Baliani. Alla fine dello spettacolo incrocio Osvaldo e, tra gli abbracci e la gioia di rivederci, gli propongo di scriverci una bella storia sull’antimafia e lui mi risponde che non aveva mai scritto per il teatro. E lì poi è cambiato grazie al suo amico Francesco Minervini che è una persona splendida ed è a contatto con tutte le famiglie che hanno avuto un lutto, vittime innocenti di mafia pugliesi. Francesco è un grande amico di Lella e Pinuccio Fazio, ci hanno aperto il cuore e donato questa responsabilità di portare avanti la storia di Michele sotto la forma artistica del monologo. Abbiamo fatto le interviste a Lella e Pinuccio insieme a Osvaldo e Daniele e da lì è nato “Stoc ddò”. Questo per dire che, da quando abbiamo incontrato nella nostra vita Osvaldo, per me è stato sempre più chiaro questa cosa che è venuta dentro di me durante il periodo delle stragi del ‘92.

Da qui appunto la nascita “La stanza di Agnese”.

Io ero adolescente e già volevo fare l’attrice. Mi sarei impegnata, avrei studiato e fatto sacrifici per realizzare questo mio sogno, però dentro di me c’era sempre questa vocina… perché il periodo del ‘92 è stato per la nostra generazione uno spartiacque: molti hanno scelto di fare Giurisprudenza, diventare avvocati, magistrati. Io che volevo fortemente seguire la strada artistica già da allora volevo raccontare storie vere. Ho trovato in questi anni il modo di farlo nel senso di questo metodo che usiamo con Daniele di fare interviste e poi affidarci di volta in volta a un drammaturgo, uno scrittore e poi portarli in scena. I nostri primi spettacoli sono stati realizzati in questa maniera, sempre attraverso le interviste, e con l’altro nostro drammaturgo Emiliano Poddi, un finalista Premio Strega molto bravo di Brindisi, però lui lavora alla Scuola Olden di Baricco e pubblica con Feltrinelli. Adesso abbiamo aperto questo nuovo capitolo della storia di Meridiani Perduti insieme a Osvaldo e quando la Scuola di Formazione Antimafia Antonino Caponnetto che ha sede a Milano e Brindisi ci ha chiesto, dopo aver visto “Stoc ddò”, di pensare a uno spettacolo su Borsellino, Falcone e sul periodo delle stragi, noi abbiamo subito pensato a Paolo Borsellino. Volevamo assolutamente continuare a raccontare soprattutto per le nuove generazioni chi erano Borsellino e Falcone e da un punto di vista diverso proprio per creare un gancio con persone che non hanno fortunatamente vissuto quegli anni. E raccontandolo come padre, come marito ti posso assicurare - ormai siamo alla 35esima replica, più della metà le abbiamo fatte per e nelle scuole e nei teatri la mattina – che le nuove generazioni si sentono coinvolte e lo capiamo dai dibattiti che vengono fuori alla fine dello spettacolo che si sentono parte della storia.  

È un monologo emotivamente trascinante, nostalgico, sofferto, la tua interpretazione in "La stanza di Agnese" che colpisce per l'intensità attraverso la quale la vedova di Paolo Borsellino dialoga con il suo compianto marito. Alla fine dello spettacolo il pubblico applaude commosso. Cosa provi in quel momento?

Quando finisce lo spettacolo mi rendo conto che nel pubblico – ed è la cosa che provo io nell’ultima parte quando sono in scena – ci sentiamo tutti responsabili e proviamo un senso di profonda indignazione e di vergogna, come per dire “Perché non siamo riusciti a difenderli, a non lasciarli soli?”. Io so che l’applauso che scatta dopo la canzone e il video, è soprattutto per Paolo Borsellino, per Agnese, per Giovanni Falcone e per Francesca Morvillo. Io sono soltanto un filtro, quindi questo mi rende sinceramente orgogliosa e mi dà la conferma che stiamo seminando nel modo giusto con tanti sacrifici, tante cose a cui diciamo no perché vogliamo portare avanti questi tipi di progetti.

Che significato ha per te esserti preparata per un ruolo così importante?

Quando ho creato il personaggio di Agnese – a differenza del personaggio di “Stoc ddò” di Lella Fazio che invece lei è ancora viva, segue lo spettacolo, il 90% delle repliche è sempre con noi in sala, in platea, poi viene sul palco alla fine e fa insieme a noi il dibattito con il pubblico – avevo la difficoltà che purtroppo è venuta a mancare dieci anni fa e quindi non potevo sentire direttamente la sua voce e studiare i suoi gesti e cogliere la sua essenza dal vivo ogni giorno. Quindi la difficoltà è stata diversa per creare il personaggio e allora mi sono studiata i video, mi sono affidata alle parole dei figli, anche del cognato Salvatore, per ricostruire qualcosa che è veramente l’emblema di una donna forte nonostante la malattia, nonostante questi processi che hanno portato a nessuna verità, nonostante le ingiustizie subite, ma con un senso della giustizia e dello Stato immensi. Quello che viene fuori – e che vorrei che venisse ogni sera in replica – è proprio la sua tenerezza, la sua classe, la sua capacità di continuare a sperare nell’uomo.



In "La stanza di Agnese" qual è il momento della pièce in cui ti emozioni di più essendoti rapportata a questa memoria?

Ce ne sono due, però sono due emozioni diverse. L’innamoramento: “Ti posso accompagnare, gradisci?”. Tutto il racconto di quando la aspettava in via Macheda e poi quando lei porta le scarpe di Paolo in proscenio. Lì ogni volta piango. Lì non c’è trucco, vengono fuori lacrime vere. Il modo in cui porto le scarpe di Paolo è praticamente nato da uno studio di una fotografia di Agnese che porta la toga di Borsellino prima del funerale e l’abbraccia in un modo come se veramente avesse il corpo del marito in quella toga. Quindi lì io abbraccio le scarpe in quel modo e quando mi separo da quelle scarpe è come se stessi strappando una parte del mio corpo. Queste sono le suggestioni che mi sono creata.  

(Le foto sono tratte dallo spettacolo teatrale "La stanza di Agnese" tenutosi a Torre Annunziata il 12 maggio 2023 presso l'Istituto Marconi, evento organizzato dalle Agende Rosse Gruppo Giancarlo Siani di Torre Annunziata)

LA STANZA DI AGNESE

Di e Con: Sara Bevilacqua

Drammaturgia: Osvaldo Capraro

Disegno Luci: Paolo Mongelli

Video: Mimmo Greco

Grafica: Studio Clessidra

Organizzazione: Daniele Guarini

Produzione Meridiani Perduti Teatro

Con il supporto di TRAC_Centro di residenza teatrale pugliese

Con il sostegno di Factory Compagnia Transadriatica

In Sinergia Con Scuola Di Formazione Antonino Caponnetto

Sono passati trent’anni dalla strage di Via D'Amelio. Una ferita ancora aperta nel cuore dell'Italia. Tante le indagini, i processi i depistaggi e le sentenze per una verità,  forse, troppo dura da accettare. La nuova produzione Meridiani Perduti Teatro, nata dalla sinergia con la Scuola  Antonino Caponnetto e vincitrice del progetto TRAC – Sezione Nuova  Drammaturgia è dedicata al giudice Paolo Borsellino, nel trentennale della sua tragica scomparsa. 

2010. Agnese Piraino Leto in Borsellino, segnata da una terribile malattia, riceve una telefonata da parte dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga: “Via  D'Amelio è stata da colpo di stato”. Poche parole che inevitabilmente fanno  riemergere i ricordi di una vita, sin da quando, figlia del presidente del Tribunale di Palermo e immersa negli usi e costumi dell'alta borghesia palermitana, incontra per la prima volta Paolo, giovane pretore a Mazara del Vallo. Da questo momento parte la narrazione della sua crescita accanto al marito e della scoperta di una Palermo diversa, meno luccicante di quella a cui era abituata, ma forse più bella, anche se disgraziata, passando attraverso i primi anni di matrimonio e la nascita dei figli. Fino a narrare i momenti più bui, compresa la morte di amici e colleghi di Paolo; i rapporti con la scorta che diventa parte della famiglia; la difficoltà di accettare la situazione da parte dei figli. Ma anche l'altro lato di Paolo, quello giocoso e sempre pronto allo scherzo, al “babbìo”. Il lavoro nel pool antimafia accanto a Giovanni Falcone fino alla terribile morte di quest'ultimo. Infine il tradimento da parte di chi avrebbe dovuto combattere al suo fianco. Tutto questo è “La Stanza di Agnese”. Più che un monologo, un dialogo incessante tra lei e Paolo, che continua tra le pieghe dei ricordi, con toni di tenerezza quando si tratta dei propri figli e di indignazione nei confronti dei traditori dello Stato.