(di Francesca Carlucci)
Natale 1991, in un casolare fuori Enna, durante un vertice di Cosa Nostra, viene decisa la stagione delle stragi del 1992, che si concretizzerà negli omicidi di Salvo Lima, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nello stesso momento, in una località vicino a Monza, si sta svolgendo una riunione che vede la presenza di diversi personaggi del mondo imprenditoriale e istituzionale. Il loro intento: creare le condizioni per un golpe bianco. L’agente dei Servizi segreti Francesco Mauri cercherà di far luce su quella lunga serie di omicidi e di attentati di stampo mafioso che ha segnato la storia del nostro Paese: dall’assassinio del giudice Antonino Scopelliti fino al momento della sparizione dell’agenda rossa dalla borsa di Paolo Borsellino, pochi minuti dopo l’esplosione in cui perse la vita con gran parte della sua scorta.
Basta leggere la quarta di copertina del nuovo libro di Ezio Gavazzeni "La furia degli uomini" (Mursia) per lasciarsi conquistare dalla sua lettura.
Scrittore e autore di romanzi thriller - prestigiosi i riconoscimenti ottenuti - Gavazzeni ha pubblicato anche racconti, testi teatrali, guide di viaggio (come redattore). Il suo curriculum è di tutto rispetto: editor, sceneggiatore per il teatro, docente nei corsi di scrittura, ha collaborato con diverse agenzie e case editrici e si è occupato della correzione di bozze e revisione testi per varie redazioni.
Stavolta si cimenta con "La furia degli uomini" nel tema della legalità e lo fa in maniera dettagliata e precisa riferendosi ai fatti e ai personaggi responsabili delle stragi del '92.
Il risultato è un racconto amaro e spietato nella sua sincerità , scorrevole e schietto. Lo si legge con il cuore in mano riflettendo su quei giorni che hanno segnato la Storia e il futuro di ciascuno di noi perché quello che accadde allora valga da insegnamento affinché prevalga la giustizia e la verità .
1. "Qualcos'altro di malvagio e freddo aveva sottratto un pezzo di mondo, di realtà al presente e l'aveva annichilito per sempre. Come se quel pezzo di strada e le vite che vi stavano transitando sopra colme di pensieri, volontà , desideri, progetti fossero sbalzati in un buco nero lontano migliaia di anni luce da lì e inghiottiti per sempre";
2. "Era quasi una sensazione rafforzata dall'eccessiva presenza di auto, come se il <<troppo pieno>> stesse favorendo la sensazione di <<troppo vuoto>> dentro di loro".
Trovare le parole giuste, le tue nel romanzo, nel descrivere - nel primo brano - la strage di Capaci e - nel secondo - l'isolamento da parte di chi avrebbe dovuto preoccuparsi di Paolo Borsellino e della sua scorta. Cosa hai provato nello scrivere questo romanzo in rapporto al fatto che lo Stato evita di preoccuparsi di ciò che un libro invece tratta?
Il mio intento quando ho scritto "La Furia degli Uomini" era proprio di raccontare dal di dentro ciò che è accaduto ormai 31 anni fa. La devastazione che le bombe di Capaci e via D’Amelio hanno lasciato alle loro spalle e quanto, quelle deflagrazioni, fossero strumentali a qualcos’altro. C’era una regia, le “menti raffinate” dietro quelle bombe. Lo scenario internazionale e storico italiano era in movimento e dove stesse andando era un mistero perciò, un certo “mondo” eversivo ma, aggiungo, avvezzo a occupare pezzi consistenti dello Stato, doveva darsi da fare per continuare a gestire la cosa pubblica.
È incredibile come, leggendo le sentenze, le testimonianze, le dichiarazioni rese alle commissioni parlamentari sulle stragi dai magistrati, testimoni, collaboratori di giustizia, emerga un quadro di connivenze, complicità e “trattativa” continua tra pezzi dello Stato e malavitosi mafiosi. La mafia aveva garantito i politici alle elezioni, e la politica aveva restituito attraverso favori. Lo sapevano tutti. Era evidente. L’eversione di destra, da sempre connivente con il sottobosco dello Stato (servizi segreti, militari più o meno deviati, mondo economico e politica) è stato il collante che ha tenuto insieme quel periodo di devastazione. Impossibile non leggere in quegli avvenimenti il tentativo di ristabilire la strategia della tensione (ancor di più con le stragi del ’93) finalizzata a un golpe bianco. Alla nascita di una forza politica che avrebbe dovuto essere egemone nel paese (non da sola, forse non proprio un solo partito ma un sistema solare di partiti), al nord, come al sud e qualcuno più grande a guidare la marcia.
Arrivando alla tua domanda, lo Stato non evita di preoccuparsi ma come un organismo complesso reagisce respingendo la minaccia. Nel tempo. Senza fretta. Sentenza dopo sentenza. Ministro dopo ministro. Provvedimento dopo provvedimento. Non è un caso che in questi 30 anni TUTTI i punti del Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli siano stati realizzati e da tutti i governi. Perché? Ci chiediamo. Perché esiste, nella mente di qualcuno, un cosiddetto “interesse superiore” che una volta era il l’anticomunismo; poi è diventato le libertà civili; poi è stata la volta dei magistrati visti come nemici; poi la stampa che “non si fa mai i fatti propri” (infatti le nomine nelle direzioni delle Reti sono assolutamente presidiate e si epurano le voci contrarie) e ora si traveste di “sostituzione etnica”.
Vivendo di “interessi superiori” un certo mondo ha la scusa per agire violentemente contro un pezzo della società .
I pochi per i molti.
Un po’ come Falcone e Borsellino e le loro scorte, più i magistrati e gli uomini degli apparati delle forze dell’ordine caduti negli attentati più o meno mafiosi.
Come si fa a costruire un romanzo su fatti veri? Da dove trae origine questa tua scelta?
Il mio è un tentativo. Lungi dal diventare un “professionista dell’antimafia”, il mio intento è di interpretare, attraverso il romanzo i fatti storici. Per questo testo ho utilizzato le sentenze dei vari processi che si sono succeduti, sia Capaci, sia via D’Amelio. Così facendo, credo, rivisitando i fatti attraverso una lente d’ingrandimento diversa e con un’angolatura senza pregiudizi (cosa che invece i processi non possono fare), sono convinto si possa ricercare una verità che sta tra le righe ed è in modo intrinseco connaturata ai fatti. Ora, con questo testo, ho analizzato le stragi del ’92 ma ho già in cantiere un analogo progetto che riguarderà alcuni misteri del caso Moro. Come sto documentandomi sulla nascita delle Brigate Rosse. L’intento è duplice, il primo te l’ho già indicato sopra, cercare nei fatti delle verità che all’apparenza sono nascoste, il secondo arrivare a più persone possibile. Mi spiego, il saggio solitamente è acquistato da un ristretto giro di addetti ai lavori ma il romanzo arriva a molta più gente. Il risultato è avvicinare più persone possibile ai fatti storici salienti della vita del nostro Paese lasciando un lato di “intrattenimento”, non una fiction, perché la fiction è semplice ricostruzione ma una rielaborazione dei fatti in chiave romanzata con allo scopo di ottenere delle verità che i processi, o le inchieste hanno solo sfiorato. Spero di esserci riuscito.
Il libro si avvale della presentazione di Salvatore Borsellino. Ci sono parole o momenti scaturiti da questo contatto che ti hanno emozionato?
Allora, questo libro mi ha donato tantissimo in termini di relazioni e incontro. Quando ho cominciato a scriverlo, nel 2019, non conoscevo di persona Salvatore Borsellino. Sapevo chi era, ovvio, conoscevo le Agende Rosse ma per me erano sigle, nomi, lettere e parole su una locandina. Appena ho finito il testo è nata una bella amicizia con Salvatore che oggi mi onora della sua presenza nelle presentazioni e che continua attraverso qualche telefonata che intratteniamo in privato. Poi ci sono le persone che ho incontrato in giro per l’Italia e che prima mai avrei pensato di poter conoscere, persone come te Francesca, Angelo, Silvia, Luigi, Salvatore Mazzei, Annamaria… e sicuramente ne sto dimenticando a decine. Questa è stata la più grande emozione, sentire e capire, che le mie parole, la ricerca della verità era stata condivisa da decine e decine di persone. Che il libro aveva creato una sorta di piattaforma, di terreno d’incontro con tantissime persone, più o meno informate dei fatti. Ricordo le giornate in libreria incontrando i lettori, gente che delle stragi del ’92 sapeva ciò che aveva appreso alla TV e che mai avrebbero approcciato un saggio e che invece acquistavano il mio libro per poi magari scrivermi in un momento successivo, come un padre di Sondrio che mi ha ringraziato perché non sapeva come far avvicinare le sue figlie liceali ai fatti storici e drammatici della nostra storia e mi ha scritto dicendo che entrambe avevano letto il mio libro e l’avevano apprezzato.