Nèon, un teatro per tutti a Catania

(di Antonella Carta

L’Associazione Culturale Nèon nasce nel 1989 da un progetto di Monica Felloni e Piero Ristagno. Dal loro impegno sono venute fuori rappresentazioni teatrali fondate sulla collaborazione tra persone normodotate e persone con disabilità. Quando l’arte diventa inclusiva 

Bella la definizione che Monica Felloni, la regista di tutti gli spettacoli di Nèon Teatro, dà degli ultimi tre: “Trittico della felicità umana”. 

Piero Ristagno, suo compagno anche nella vita, aggiunge: Assistendo alla rappresentazione di Ciatu, Invasioni e di Anima Mundi, quest’ultimo prodotto dal Teatro Stabile di Catania, si coglie quale sia l’intento di Nèon, ossia creare “normalmente” insieme. I nostri attori possono essere definiti coautori, perché è il loro essere che viene messo in scena, ma tutto ciò è possibile grazie al fatto che rimane comunque un perno intorno a cui tutto ruota, un centro che, col rigore della costruttività, consente il senso, la direzione, la composizione stessa dell’opera. Sto parlando della regia di Monica. Dopo due anni di stallo a causa della pandemia, abbiamo potuto finalmente riportare la compagnia sul palco con Anima Mundi. 

foto: Eletta Massimino 

Com’è nata invece l’idea di Nèon teatro? 

Da una forte condizione di disagio. Monica ed io sentivamo il bisogno di fare teatro, ma non ci andava bene nessun modello preesistente, né il teatro tradizionale né quello di ricerca. In maniera fortunosa e fortunata, un giorno di tanti anni fa passando in auto ci accorgemmo di un gruppo nutrito di sordomuti che comunicavano nella lingua dei segni. Affascinati da quel linguaggio coreograficamente intrigante, fermammo la macchina e, parlando con una volontaria che era con loro e poi con il Presidente dell’Ente Nazionale Sordomuti, proponemmo loro la partecipazione a un laboratorio teatrale. Accettarono con entusiasmo e, a distanza di circa un anno, ne venne fuori il primo spettacolo, 'Il sogno del marinaio', ispirato al romanzo 'Il marinaio di Pessoa'. Da allora sono passati 33 anni. 

Quindi se dovesse definire la tematica di base di Nèon quale termine sceglierebbe? 

Più che di “tematica” parlerei di “poetica” di fondo, e sicuramente è la comunicazione, non la disabilità. L’incontro con il gruppo delle persone sordomute e con la loro danza dei segni ci fece scoprire la potenza della necessità della comunicazione. Comunicare è una necessità imprescindibile per l’umanità. Da allora abbiamo lavorato con e pro ogni forma di difformità, mettendoci in gioco con persone che avevano voglia di scoprirsi e di dar vita alla creatività nella comunicazione. E, soprattutto nella disabilità, la creatività e la sperimentazione raggiungono livelli estremi di necessità, per offrire un canale di comunicazione a chi, per forza di cose, non può esprimersi con immediatezza e facendo appello ai canali comuni. 

Come si articola la preparazione di uno spettacolo? 

Attraverso le attività di laboratorio teatrale. Il nostro non può essere un teatro di rappresentazione, con una sceneggiatura e gli attori che imparano le battute. Il nostro è un lavoro con e a favore delle persone, fondamentali sono le relazioni che s’intrecciano via via. Al di là del risultato finale, comunque essenziale perché lo scopo è quello di essere “riconosciuti”, importante è tutta l’attività di preparazione allo spettacolo. La regia qui non è di quelle che sanno preliminarmente già tutto e lo realizzano scorrendo su binari precostituiti. Quello che scorre tra tutti noi durante i laboratori è energia, passione di creare insieme, anche se con la guida ferma e amorevolmente rigorosa della regista. 

La sinergia tra attori nei vostri spettacoli emerge anche dalla bella collaborazione tra un attore normotipico e uno con difficoltà motorie. Lo spettatore li vede muoversi sul palco e persino danzare quasi fossero un’unica entità. Queste coppie sono fisse o possono variare da spettacolo a spettacolo? 

Non ci sono schemi totalizzanti, né coppie fisse. Tutti collaborano con tutti, è la regia a stabilire di volta in volta quale sia l’assortimento più efficace per quel determinato spettacolo. 

A parere suo e di Monica Felloni, quale tipo di ricaduta positiva ha questa esperienza sulle persone? 

Devo dire che chi trae più beneficio dai nostri laboratori teatrali sono proprio i cosiddetti normodotati. Ciascuna persona “normale” ha dentro di sé qualche disagio e il disagio è una disabilità di altra natura. Con questo non intendo affermare che siamo tutti disabili, ma che siamo tutti umani, ciascuno con la propria singolarità. Quello di Nèon teatro è un lavoro proprio sulla singolarità e sulla sua possibilità di comunicarsi agli altri. 

La vostra associazione collabora spesso con le scuole. In cosa consiste questo sodalizio? 

L’esperienza ci ha insegnato che se si vuol produrre un cambiamento bisogna consentire alle persone di fare esperienza di ciò che finora non hanno conosciuto direttamente. Da questo punto di vista la scuola è un terreno ideale, una realtà fondamentale. Organizziamo con gli alunni laboratori teatrali finalizzati alla messa in scena, ma anche corsi di aggiornamento per docenti per metterli nelle condizioni di poter produrre un domani un proprio percorso creativo, non necessariamente teatrale, con i loro alunni. Ovviamente molto dipende dal linguaggio che si utilizza, ma la risposta in genere è splendida, specie quella dei giovani, che hanno una predisposizione naturale alla creazione in comune. 

Quando l’arte diventa inclusiva, dopo aver preso atto di tutto ciò, l’augurio è quello che altre realtà come quella di Nèon teatro possano proliferare.